Non è da escludere che l'articolo di oggi possa giungere un po' fuori tempo massimo. Infatti molto probabilmente in molti sia in Inghilterra sia negli Stati Uniti (l'Italia, per manifesta inferiorità culturale, è tristemente fuori da questa specie di simposio per spiriti eletti) hanno già provveduto a tessere le doverosissime lodi di due musicisti che sono giovani nell'epoca odierna, sebbene per predisposizione caratteriale ed attitudine professionale accetterebbero tranquillamente di salire, magari in compagnia del sottoscritto, sulla fantomatica macchina del tempo che ci potesse portare indietro di almeno quaranta anni.
Se non altro per il semplice fatto che l'attuale panorama della musica pop non è in grado di annoverare un elevato numero di personalità che i posteri potranno ricordare con piacere e soddisfazione, i più attenti lettori del blog forse hanno già compreso che i due artisti di cui nel "cappello" iniziale non ho inteso svelare l'identità sono, manco a dirlo, Derek Trucks e Tal Wilkenfeld. Per quelli che giurerebbero su qualunque cosa che gli Skunk Anansie e il Heineken Jammin' Festival rappresentano l'ultima frontiera possibile per la musica rock, forse alcuni brevi cenni biografici possono risultare utili. Da quando cominciò a far parlare insistentemente di sè alla fine degli anni '90 l'appena trentenne Derek Trucks si è praticamente diviso a metà: da una parte la sua attività con la Allman Brothers Band, nei ranghi della quale è stato virtualmente investito del ruolo di perpetuatore dell'eredità e della strada intrapresa dal compianto Duane Allman; dall'altra il lavoro in qualità di band-leader con la sua omonima Derek Trucks Band, depositaria di quello che è forse l'unico reale esempio di "melting pot" musicale oggi in circolazione, a meno che non si desideri accontentarsi dei Gogol Bordello e degli Arcade Fire. La poco più che ventenne e prodigiosa bassista Tal Wilkenfeld da parte sua ha cominciato a suonare in un'età in cui ancora la maggior parte delle ragazze sta lì a domandarsi chi sia più bello fra Di Caprio e Clooney, ha già al suo attivo un album di jazz elettrico caratterizzato da un'impronta stupefacentemente matura e soprattutto costituisce ormai da anni un elemento insostituibile (forse L'elemento insostituibile) nel più recente quartetto di Jeff Beck, che non a caso la Wilkenfeld ha contribuito in modo determinante a riportare verso i futuribilissimi territori jazz-rock di metà anni '70, che furono immortalati grazie a splendidi LP quali Blow By Blow e Wired. Per non dire che, quantunque siano ancora così giovani, Tal e Derek si sono già guadagnati un'inattaccabile reputazione come turnisti - e il solo fatto che McCoy Tyner abbia scelto di includere Derek nel novero di chitarristi con cui due anni fa collaborò per la stesura del disco Guitars (in cui Trucks si trovò al fianco di personaggi come Bill Frisell, John Scofield e Marc Ribot) equivale innegabilmente al più alto attestato di merito in cui un musicista in età ancora verdissima possa sperare.
Le strade artistiche di Derek Trucks e Tal Wilkenfeld non hanno ancora mai trovato modo di convergere seriamente. Probabilmente i due finora si sono incrociati soltanto nel backstage delle due o tre edizioni del "Crossroads Festival" a cui hanno preso parte - si tratta per inciso di un raduno a scopo benefico che ha luogo in America (e dove se no?) e che è stato espressamente e fortemente voluto da Eric Clapton con l'intento di raccogliere fondi da devolvere ad un'associazione che si occupa di persone che hanno problemi d'alcolismo (è uscito il DVD dell'edizione 2010, costoso ma irrinunciabile). Mi è piaciuto ad ogni modo porli l'uno vicino all'altra dato che non c'è dubbio che le loro rispettive vicende hanno qualcosa in comune che li unisce fortemente. L'elemento che interviene a legarli indissolubilmente è chiarissimo: considerati anche i tempi che corrono, in cui la musica è prevalentemente sfruttata come veicolo per diventare ricchi e famosi (furono gli sgangherati alfieri del brit-pop anni '90 a dare il via a questa funesta tendenza), i magnifici Derek Trucks e Tal Wilkenfeld avrebbero benissimo potuto scegliere di tentare ogni scorciatoia possibile allo scopo di pervenire al successo sul breve periodo. Avrebbero avuto tutto dalla loro, a pensarci bene. Non disprezzabili fisicamente e trovandosi nell'età giusta per sfondare, il chitarrista e la bassista avrebbero giusto avuto bisogno di alcuni piccoli ritocchi. Susan Tedeschi, grande musicista e compagna di Derek, avrebbe potuto indurre il marito a seguire la dieta ferrea che potrebbe privarlo, asciugandoglielo progressivamente, del caratteristico viso pienotto da putto raffaellita, suggerendogli di affiancare al nuovo regime alimentare il drastico taglio della bionda e lunga coda di cavallo che lo fa apparire molto simile a un "roadie" anni '70 del profondo Sud. Tal Wilkenfeld, da parte sua, potrebbe indossare qualcosa di più consono a questi tempi telegenici di quella t-shirt tutt'altro che castigata che presumibilmente interviene a turbare i sonni (e gli assoli) di un Jeff Beck non più giovane ma ancora forse arzillo la sua parte, oltre naturalmente ad infierire con qualche deciso colpo di forbice dentro la sensualissima cascata di boccoli castani che rende plausibile il suo ideale inserimento in un gruppo hard-rock del principio degli anni '70. Effettuate queste esteriori modifiche al loro aspetto, necessarie se si desidera apparire presentabili agli occhi del pubblico che osanna i fenomeni di plastica patrocinati da MTV, Derek Trucks e Tal Wilkenfeld avrebbero tutte le carte in regola per compiere il salto che conduce alla ribalta più effimera. Tuttavia quest'opzione artisticamente suicida non ha per fortuna mai suscitato il loro interesse. Tutt'altro: essi stanno seguendo fin dai loro esordi un genere di "dieta" completamente differente che si basa su alcuni fermissimi punti: ascoltano accuratamente e perchè no appassionatamente (attraverso l'utilizzo dei supporti classici, ci mancherebbe!) i capolavori della musica dei maestri; scelgono di continuare a tenere un profilo basso, sebbene potrebbero ormai cominciare a permettersi ben altro, il che nello specifico significa che non perdono di vista il fatto che non si smette mai di imparare. Se si osserva ad esempio il DVD delle prove in studio che fu allegato al CD Guitars si resta esterrefatti poichè si percepisce che gli occhi di Derek Trucks confessano un sentimento di profonda deferenza e venerazione nei confronti dell'anziano e venerabile maestro McCoy Tyner. Riesce poi addirittura a strappare un sorriso la presa di coscienza per cui nel caso di Beck e della Wilkenfeld le parti sembrano addirittura invertirsi, nel senso che qui pare che sia lo stesso navigato musicista inglese a non capacitarsi dell'immensa fortuna capitatagli allorchè incontrò una ragazza che già tutto il mondo del jazz porta legittimamente in palmo di mano.
Ovviamente questa saggia politica volta alla delicata gestione di un talento e di un'immagine sta già maturando frutti importanti. Derek Trucks e Tal Wilkenfeld hanno rinunciato a qualche mucchietto di denaro facile e alla notorietà che deriva dal fatto di mettersi in posa per i servizi fotografici delle riviste di tendenza, ma in compenso si sono conquistati il genere di consacrazione che niente e nessuno potrà scalfire. In particolare i già numerosi dischi della Derek Trucks Band, in virtù del loro continuo rifarsi (riattualizzandolo debitamente) al suono degli anni '70, a quel profumo mai dimenticato d'equalizzazione analogica, ai gruppi che senza preoccuparsi di barriere e compartimenti creavano una musica originale che prende le mosse dall'incontro e dalla sintesi di tanti differenti patrimoni, sembrano dar ragione tanto indirettamente quanto categoricamente ai propositi di questo blog, affermando con forza che forse non è mai esistita in questo senso una band più seminale di Delaney & Bonnie e, in generale, che certi lasciti musical-culturali erano stati abbandonati fin troppo presto, per di più in favore dell'approdo presso una terra in cui niente gode degli attributi per durare e di conseguenza tutto è così sconsolatamente effimero.
Anche i Black Crowes in effetti hanno provato a riappropriarsi attraverso varie modalità dell'eredità del passato ma il loro fondamentalmente cartolinesco recupero non ha nulla della profondità, ad un tempo filologica ed emozionale, che è invece propria all'arte del grandissimo Derek Trucks.
Anche i Black Crowes in effetti hanno provato a riappropriarsi attraverso varie modalità dell'eredità del passato ma il loro fondamentalmente cartolinesco recupero non ha nulla della profondità, ad un tempo filologica ed emozionale, che è invece propria all'arte del grandissimo Derek Trucks.
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