Una delle contromisure che negli ultimi anni i critici hanno preso ad adottare allo scopo di tentare di far fronte al sentimento di profonda frustrazione che li pervade completamente prevede la stroncatura, molto spesso aprioristica e priva di un adeguato approfondimento in fase d'ascolto, dei notevoli dischi che gli autori ormai assurti allo stato di classici hanno ripreso a pubblicare con confortante continuità da circa quindici anni a questa parte. Anzi, se è vero che ci si può permettere di cominciare già a stilare dei bilanci retrospettivi, emerge chiaramente che la discografia ideale degli anni '90, avendo il panorama delle etichette indipendenti dimostrato proprio in quegli anni una sostanziale mancanza di tenuta nel tempo, consta quasi esclusivamente di opere che portano la firma degli artisti che negli anni '60 e '70 contribuirono fattivamente a far sì che il rock diventasse una forma d'arte ufficiale.
Nè i trascurabilissimi portabandiera del "grunge" nè i manieristici e calligrafici recuperatori del suono "jam" (che in fondo non fanno che ricopiare fino alla noia gli spartiti e l'attitudine dei Grateful Dead) furono infatti in grado nel decennio suddetto di concepire dischi che reggano il confronto con, cito in ordine sparso, "Set the twilight reeling" di Lou Reed, "Mule variations" di Tom Waits, "Time out of mind" di Bob Dylan, "Sleeps with angels" di Neil Young.
Pur con l'arrivo del nuovo secolo e nonostante l'implacabile avanzare dell'età, i frutti di questa nuova stagione di creatività non accennano per fortuna a diminuire. Non sono in effetti tantissimi ultimamente gli album sulla base dei quali ogni anno ciascuno può stilare la propria "playlist" personale (credo che nel corso dei miei due decenni preferiti la scelta fosse decisamente più complicata), ma sembra che soltanto i critici superficiali che oggi vanno per la maggiore non riescano a rendersi conto che i pur sparuti esiti dell'attuale produzione adombrano ciascuno i presupposti per la riscrittura di inedite manifestazioni di estetica della musica. E qui sia sufficiente ricordare "Surprise", l'album del 2006 di cui si ricordano già in pochi ma che, mettendo insieme in uno splendido e non più ripetibile connubio gli apparentemente antitetici mondi di Brian Eno e Paul Simon, rappresentò il risultato di un progetto di cui a buon diritto per molti anni a venire i due straordinari artisti potranno rivendicare l'estrema unicità.
Dopotutto ritengo sia necessario dare almeno prova di tolleranza nei riguardi dell'encomiabile impegno che questa schiera di artisti dalla vena inesauribile sta profondendo, soprattutto se si riflette attentamente in merito allo stato di grave crisi in cui la maggior parte di loro si stava dibattendo nel pieno degli anni '80, un decennio in cui (fatta eccezione per Tom Waits, Van Morrison, lo stesso Paul Simon e non so francamente chi altri) i grandi attraversarono un periodo di confusione ed appannamento artistici (e presumibilmente anche esistenziali) davvero senza precedenti.
In questi anni, grigi e privi di stimoli per gli ascoltatori che non sapessero guardare al di sotto della punta dell'iceberg, la reputazione e il vessillo della cultura rock furono tenuti alti quasi soltanto dai frutti del floridissimo sottobosco delle produzioni indipendenti. Questo, estesosi a macchia d'olio dagli Stati Uniti all'Inghilterra, dalla Svezia all'Australia - ed essendo incredibilmente riuscito a coinvolgere perfino un contesto altrimenti notoriamente refrattario come quello italiano - contribuì in modo determinante a far sì che gli appassionati non sentissero troppo duramente la mancanza di quei testimoni della classicità che la devastante azione del ciclone punk e new wave sembrava proprio essere riuscita a spazzar via in maniera definitiva.
Ciao Andrea,
RispondiEliminati ringrazio innanzitutto per aver visualizzato il mio blog; leggere le opinioni degli altri aiuta non poco. Detto questo non posso che farti i miei complimenti per il tuo modo preciso ed appassionato di scrivere della musica e dei suoi grandi artisti. Da fan di Tom Waits e Bob Dylan non posso fare altro se non leggere ogni tuo articolo con grande interesse.
Da oggi avrai un follower in più ;)
Stay rock!